martedì 5 novembre 2013

Handmade, un po' come il jazz!

Molte volte ho pensato che, quando si canta in un coro o si suona in un'orchestra, il risultato è buono se tutti fanno la stessa identica cosa. Non solo andare a ritmo, ma anche se si vuole aggiungere un "effetto speciale" (far risuonare una nota, dare enfasi ad una parola più che ad un'altra) lo devono fare tutti insieme. Se ognuno fa a modo suo esce un paciugo!
Invece, quando si canta o suona come solisti, il bello è proprio quel margine di imperfezione: le piccole diversità tra una persona e l'altra sono ciò che differenzia lo stile di ognuno. Un'esecuzione accademicamente perfetta sarebbe molto fredda e priva di personalità!

Qualcosa di simile accade tra gli oggetti che usiamo tutti i giorni. Tra i prodotti in serie la difformità dallo standard è un difetto, mentre tra quelli realizzati a mano l'imperfezione attesta che, appunto, non siamo macchine: meno precisi ed efficienti, ma dotati di sentimento.

Nel lavoro manuale come nella musica ci sono tuttavia stili più classici e rigorosi, per i quali si cerca la rifinitura di alta classe e la più grande perfezione possibile, e generi che lasciano maggior spazio all'interpretazione, all'improvvisazione, per i quali il bello è l'unicità della performance.
Come dire, la differenza tra la musica classica ed il jazz è la stessa che passa tra il ricamo d'alta scuola e l'uncinetto freeform... Che poi, mica ci si improvvisa jazzisti, così come il freeform non è alla portata di tutti!

Quindi, voi siete più della scuola "quando disegno una linea a trattini, devono assolutamente essere tutti identici tra loro e spaziati in modo perfettamente uniforme" oppure appartenete al genere "se è fatto col cuore è bello in ogni caso"?

Per me vale piuttosto "l'imperfezione è nulla senza controllo"... cioè un conto è l'imprecisione che dà carattere, un altro è proprio l'erroraccio!
E questo in ogni campo...

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